by Francesco Paolo Sgarlata |
Alla vigilia delle elezioni americane è lecita una riflessione che prescinde da chi vincerà: il cammino verso la creazione di una vera e propria federazione europea è contro gli interessi di tutti se non degli stessi europei.
Certamente non è interesse degli Usa: perché dovrebbero favorire l’esistenza di una forte entità occidentale alternativa alla loro o addirittura superiore?
A prescindere da chi sarà il prossimo presidente americano, il loro interesse è che ci sia un’Unione Europea coesa – specie dal punto di vista economico-finanziario – ma non troppo, in maniera che continui quel rapporto di vassallaggio e dipendenza che fa degli Stati del vecchio continente la longa manus degli Stati Uniti.
Una Ue forte non conviene neanche a Putin, che risulta aver da lungo tempo finanziato i principali partiti nazionalisti europei proprio al fine di impedire una maggiore integrazione dell’Unione e quindi la costituzione di una realtà politica potente e coesa vicino ai propri confini. Per quale altro motivo lo avrebbe fatto se non per questo?
Men che meno conviene alla Cina, che altrimenti dovrebbe confrontarsi con due potenti realtà occidentali distinte – Usa e Ue – anziché con la sola America: prova ne è che Xi Jinping ha sempre privilegiato lo sviluppo dei rapporti con singoli Stati europei come per esempio Francia, Italia e Ungheria, piuttosto che con l’Unione Europea con la quale invece continuano a sussistere forti tensioni commerciali.
Anche in questo caso appare evidente come la Cina abbia molta più forza contrattuale e di persuasione verso i singoli Stati europei rispetto a una federazione la cui creazione, di conseguenza, non ha alcun motivo di auspicare.
Insomma, l’Unione Europea è un interlocutore economico, ma certamente non politico per le grandi potenze globali che peraltro non hanno alcun interesse che lo diventi né ora né in futuro.
Lo scenario extra-europeo è pertanto senza dubbio avverso alla creazione di un’Unione Europea forte, coesa e indipendente non tanto dal punto di vista economico-finanziario, ma soprattutto da quello politico e militare, il che non può non avere un’influenza contraria a qualsiasi slancio in avanti che dovesse provenire da ciascuna Nazione europea o da movimenti che vi nascano autonomamente.
Il panorama non è molto migliore all’interno dell’Unione, le cui divisioni – favorite dall’esterno – sono alimentate da egoismi e miopie interne.
Perché i singoli Stati dovrebbero cedere volontariamente quote importanti della loro sovranità interna? Per una improvvisa e nobile lungimiranza dei politici di ciascun Paese? No, ciò può avvenire solo per il sopravvenire di concrete e importanti problematiche sovranazionali, come è stata in passato la minaccia dell’Unione Sovietica che aveva dato impulso alla creazione della casa europea.
Con la dissoluzione dell’Unione Sovietica non crollò solo il muro di Berlino, ma anche i motivi per una maggiore integrazione.
Negli ultimi anni ci sono però state diverse crisi, che a loro volta avrebbero potuto tramutarsi in potenti occasioni per favorire una coesione più forte: il Covid, la crisi economica, il cambiamento climatico, l’immigrazione, l’indebolimento dell’America, la guerra alle porte dell’Europa.
Problemi di grande portata – impossibili da risolvere da ciascun Stato singolarmente – che a loro volta rappresentano concrete opportunità che non sono state o non sono ancora state colte per ragioni – come abbiamo visto – sia esterne che interne.
La verità è solo una: se gli Europei non sapranno aiutarsi da soli a diventare grandi, nessun altro lo farà per loro.
Francesco Paolo Sgarlata
Editorial Director