By Lara Wagner |
Il discorso di Monaco del vicepresidente Vance sull’Unione Europea è stato senza dubbio in larga parte fuori luogo e inappropriato: pensate se uno dei nostri leader europei fosse andato a Washington a fare un discorso simile agli americani!
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Il fatto che un leader americano si sia permesso di farlo a noi la dice lunga, tuttavia, sull’atteggiamento di superiorità che gli USA nutrono nei confronti dell’Europa, per non dire dei suoi singoli Stati.
E non è un atteggiamento proprio della sola amministrazione Trump: quelle precedenti erano solo più diplomatiche, ma la sostanza è sempre stata la stessa, al di là delle ipocrisie di facciata: questa probabilmente è solo più rude e schietta. Se guardiamo alla sostanza del discorso di Vance, tuttavia, non si può dargli torto su tutta la linea, anche se naturalmente non accettiamo lezioni da nessuno in tema di democrazia.
Possiamo forse negare che in diversi casi le nostre leadership, sia a livello nazionale che europeo, tendano a estromettere alcune forze politiche che pure sono state liberamente elette da una importante fascia di popolazione?
O che, soprattutto negli ultimi anni, la libertà di parola e di opinione sia stata spesso censurata se ritenuta non in linea, per esempio, con quanto ritenuto politicamente corretto?
Le parole di Vance, per quanto inappropriate, sono state presumibilmente originate dall’esperienza vissuta dagli elettori americani di Trump, che erano stati demonizzati dai democratici e dai media a loro allineati.
Questo fenomeno purtroppo succede anche da noi. In un momento in cui finalmente dopo tre anni si sta finalmente prospettando all’orizzonte una concreta speranza di pace con la Russia, alcune leadership e certa stampa sconsiderata demonizzano tanto Trump come Putin, soffiando irresponsabilmente sui venti di guerra.
E’ cronaca recente il discorso del presidente della repubblica italiana Mattarella che ha delineato un parallelismo decisamente improvvido tra l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e l’espansione del Terzo Reich hitleriano. Ebbene, la replica di Marija Zacharova, portavoce del ministro degli esteri russo, che ha definito strano e folle sentire invenzioni così blasfeme da parte del presidente dell’Italia, è stata presentata da autorevoli testate italiane addirittura come un “attacco russo a Mattarella”.
«La Russia sta minacciando tutta l’Europa — avrebbe detto la premier danese Fredriksen —Dobbiamo essere pronti alla possibilità che la Russia sposti la guerra dall’Ucraina ad un altro Paese europeo».
Dichiarazioni del genere – tra l’altro tutte da dimostrare – non portano certo alla distensione.
Possiamo credere davvero che la Russia sia intenzionata ad invadere altri Stati europei – come viene prospettato da alcuni leader europei e da certi media – dal momento che in tre anni ha conquistato a gran fatica – e in qualsiasi caso a torto – alcune regioni confinanti dell’Ucraina?
Pensiamo davvero che vada proseguita una guerra che ha messo in crisi l’economia dell’intera Europa (non certo dell’America) e che possa essere sconfitta la principale potenza mondiale nucleare?
Bisogna fare la pace. Una pace giusta, per quanto sia possibile. Parlare di una pace giusta è come parlare di una sentenza di divorzio giusta: ognuna delle due parti, per quanto la ragione o il torto propendano più da una parte che da un’altra, perde sempre qualcosa. E’ la giustizia umana: per quanto imperfetta, bisogna farsene una ragione e disporsi ad accettarla. L’unica alternativa ad essa è continuare questa guerra ad oltranza “per interposta nazione”. L’Unione Europea non è ancora – purtroppo – un soggetto politico, per cui in fondo non si può gridare allo scandalo se non è stata invitata al vertice di pace in Arabia tra Usa e Russia.
Se non altro è almeno un buon segno, un segno di vitalità, che sia stato indetto il vertice straordinario di Parigi organizzato dal Presidente Macron: se si voleva dare al mondo un segnale contrario dell’inconsistenza politica dell’Unione Europea, questo è stato indubbiamente un primo passo per mostrare che c’è un tentativo, una volontà di azione concertata. Ma, dall’altra parte, cosa vogliono ottenere i leader europei: boicottare questo primo processo di pace e sostenere loro l’Ucraina mentre gli USA si sfilano?
Se sono pronti a proseguire in questo senso dovranno renderne conto al proprio elettorato, alla gente comune che deve combattere ogni giorno contro l’aumento dei prezzi causato dalla crisi economica a sua volta originata in gran parte da questo conflitto. Non si capisce infatti dove troveranno i fondi per aumentare le spese per gli armamenti, se non aumentando ulteriormente la pressione fiscale. La verità è che non serve aumentare le spese per gli armamenti dei singoli eserciti europei, ma basterebbe crearne uno comune. Ma per far questo serve tempo.
Ciò che dovrebbe fare concretamente l’Europa è da una parte promuovere una distensione dei rapporti con la Russia favorendo un concreto e realistico percorso di pace con l’Ucraina (l’aspetto più grottesco è che se si parla di pace si viene subito tacciati di essere filoputiniani), e dall’altra realizzare una propria maggiore autonomia difensiva affrancandosi allo stesso tempo dall’ingombrante tutela americana.
In questo senso, l’esercito europeo è una necessità storica irrimandabile, così come una politica estera comune: ha senso che in Europa ci siano 27 eserciti o 27 aeronautiche? Un esercito comune costerebbe molto meno, e per giunta sarebbe molto più forte e ci darebbe più sicurezza. Ma questo non dobbiamo farlo perché Trump ce lo impone o perché ci fanno irresponsabilmente temere che Putin voglia invadere l’Europa.
Dovremmo farlo perché è la cosa più giusta e logica da fare.
Ma purtroppo questi non sembrano più tempi per le cose giuste e logiche.
Lara Wagner, Giornalista free lance