by Francesco Paolo Sgarlata |
È vera democrazia il diritto di veto? Io credo di no. Che un solo membro – uguale agli altri – all’interno di una qualsiasi assemblea o società possa bloccare la volontà di tutti gli altri attraverso il suo potere di veto non è democrazia ma abuso, prevaricazione, ingiustizia.
O addirittura ricatto, strumento coercitivo di contrattazione per strappare dei vantaggi in modo improprio.
Questo tipo di potere è stato attribuito agli Stati membri del Consiglio Europeo quando l’Unione Europea era ancora CEE e i suoi membri erano talmente pochi, cioè sei – Italia, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Olanda – che adottare le decisioni più importanti all’unanimità era quasi naturale, se non necessario.
Ma da allora molte cose sono cambiate: l’Europa oggi è composta da 27 Paesi con realtà economiche e politiche locali in certi casi molto differenti: pensare che si possa ancora raggiungere qualsiasi decisione importante votando all’unanimità è semplicemente surreale, soprattutto in presenza di movimenti sovranisti che tendono a ostacolare qualsiasi nuova iniziativa corale e cercano di orientare larghe fasce dell’opinione pubblica in tal senso.
Ogni leader nazionale, prima di decidere, guarda al proprio elettorato e si preoccupa di non esporsi troppo per non perdere consenso, specie se in vista ci sono nuove elezioni.
Il rischio di tutto questo è l’immobilismo, oppure l’adozione di misure che invece di essere adottate in modo tempestivo, risultano snaturate, annacquate e tardive perché concordate dopo estenuanti trattative.
Vero strumento di democrazia è la votazione a maggioranza e, per le decisioni più importanti, a maggioranza qualificata. Nessun organo deliberante di alcuna nazione decide all’unanimità perché questo ne bloccherebbe il funzionamento. Questo vale ancora di più per il Consiglio Europeo, composto dai capi di Stato o di governo dei paesi membri dell’Unione e che è competente proprio per le decisioni più importanti come politica estera e sicurezza.
È giunto il tempo di eliminare le tante storture che invischiano l’UE: ce ne siamo accorti solo quando crisi economiche, migrazioni incontrollate o la pandemia hanno reso necessaria l’adozione di misure urgenti e importanti, che spesso però non sono state adottate nei modi e nei tempi necessari. Il che si traduce anche in un danno di immagine nei confronti delle popolazioni nazionali, alle quali una parte della stampa e dei partiti politici non manca mai di denunciare puntualmente le mancanze dell’Europa ben sapendo, come nel caso delle sanzioni alla Russia, che la vera colpa delle mancate o annacquate decisioni sta nell’opposizione anche di un singolo Stato.
Abolire l’unanimità sarebbe in realtà fondamentale per rendere ancora più forte l’Unione Europea perché sbloccherebbe questo suo grave impasse decisionale e obbligherebbe gli Stati membri a seguire le decisioni adottate a maggioranza (qualificata, s’intende).
La nazione che non dovesse seguire tali decisioni dovrebbe essere sanzionabile con misure di gravità crescente, dalla mancata erogazione dei finanziamenti alla vera e propria uscita dall’Unione.
Confidiamo che gli ultimi accadimenti abbiano reso evidente una volta di più agli occhi di tutti l’urgente necessità dell’abolizione dell’unanimità nelle votazioni del Consiglio Europeo. Ma non basta.
E’ tempo che il farraginoso funzionamento dell’Unione Europea venga riformato con una maggiore razionalizzazione e semplificazione degli organi che la compongono e che spesso risultano oscuri ai più, nella cornice di una più generale nuova Costituzione europea.
E’ necessario, in altre parole, optare per una forma di unione democratica e federale più diretta, chiara, veloce, forte e realmente rappresentativa.
Il mondo è profondamente cambiato negli ultimi anni: in Europa servono di conseguenza nuove regole, adatte ai tempi che stiamo vivendo e alle sfide che stiamo affrontando.
Se non se ne rendono conto i governanti adesso, in un periodo in cui avvenimenti epocali ne palesano in modo inequivocabile la grave e urgente necessità, quando lo faranno?
Francesco Paolo Sgarlata
Editorial Director