by Francesco Paolo Sgarlata |
Le tragiche immagini che arrivano dall’Ucraina non possono lasciarci indifferenti. Il mondo intero ha il dovere di reagire di fronte alle uccisioni e alle distruzioni che stanno avvenendo in luoghi così vicini a noi.
Ma, più di tutti, i governanti hanno il dovere di reagire mantenendo i nervi ben saldi, consapevoli delle conseguenze non solo delle loro decisioni ma anche delle loro semplici esternazioni.
I mass media, dal canto loro, sono in gran parte a tal punto schierati che persino le testate più autorevoli pubblicano in prima pagina dichiarazioni attribuite ai russi come “Cacceremo gli italiani”, intendendo con ciò la volontà del Cremlino di espellere diplomatici italiani quale contromisura all’espulsione da parte dell’Italia di trenta diplomatici russi.
In realtà sembrerebbe che la portavoce del ministero degli esteri russo abbia solo detto “La Russia darà una risposta pertinente.”
Sorprende constatare che testate di grande spessore e diffusione non si rendano conto della loro grande responsabilità: così facendo infatti soffiano sul fuoco dell’emotività collettiva, proprio nel momento in cui è invece indispensabile, per la gravità delle immagini e delle notizie che ci vengono riportate, mantenere – nonostante tutto – una porta aperta al dialogo, anche se saremmo naturalmente portati a fare il contrario.
Il dovere di mantenere il sangue freddo spetta a maggior ragione ai governanti, che invece vengono a loro volta influenzati dai media e dall’opinione pubblica.
Definizioni come “macellaio” o “criminale” da parte di un capo di governo, per quanto comprensibili non vanno nella direzione della pace, soprattutto quando sono indirizzate al leader di una super potenza che detiene oltre seimila testate nucleari.
Vogliamo precipitarci verso una terza guerra mondiale? Vogliamo che le nostre vite, i nostri figli, le nostre attività economiche, le nostre case, il nostro pianeta siano travolti da un conflitto nucleare?
Allora tutti, dal giornalista al governante, hanno il dovere di mantenere i nervi saldi – per quanto terribili siano le notizie e le immagini che giungono dall’Ucraina – assumendo un atteggiamento di ferma condanna per i misfatti che sono stati compiuti, ma lasciando al tempo stesso la porta sempre aperta al dialogo di pace.
Questo certamente non avviene mettendo con le spalle al muro chi ha fatto sì che tali misfatti accadessero, così come succede con una fiera che, posta senza una via d’uscita, è capace di reazioni incontrollabili.
Processare Putin come fu fatto con Milosevic, d’altro canto, è piuttosto irreale. Chi lo consegnerebbe alla giustizia internazionale? Gli unici che potrebbero farlo potrebbero essere solo i russi stessi, il che sembra assai improbabile: oppure ciò potrebbe accadere se la Russia fosse sconfitta dopo una nuova guerra mondiale, come a Norimberga.
L’unica alternativa alla trattativa di pace, infatti, è la guerra: la guerra del XXI secolo, tecnologica e devastante come non lo è stato nemmeno lontanamente lo spaventoso carnaio del secondo conflitto mondiale.
E nessuno di noi vuole una simile, immane catastrofe.
Nemmeno la Cina o l’India, che apparentemente sembrano tenersi in disparte, ma che giocano un ruolo determinante nel rendere realmente effettive le sanzioni imposte alla Russia.
L’unica via percorribile è quella di favorire o di imporre un dialogo tra le parti, anche adottando le misure finanziarie ed economiche più coercitive per obbligare Putin a sedersi al tavolo dei negoziati.
Che lo sappiano bene i governanti di tutti i Paesi occidentali e che cerchino la pace, anziché promuovere una pericolosissima escalation dalle conseguenze nefaste, imprevedibili e incontrollabili per tutti.
Francesco Paolo Sgarlata
Editorial Director