Se non ora, quando?

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By Lorenzo Sparviero |

Le elezioni europee sono ormai alle porte. La novità rispetto alle consultazioni del passato è la comparsa sulla scena di due schieramenti – sovranisti e europeisti – che rendono particolare questo confronto elettorale ed incerto il futuro dell’Europa, la nostra casa comune.

La posta in gioco è la continuazione dell’esistenza dell’Europa unita sullo scena geopolitica contro il ritorno agli stati nazionali, come nel tragico periodo della seconda guerra mondiale. Il che rappresenterebbe un grave regresso storico-politico per l’Europa ed una forte ipoteca sul futuro di tutti noi…e non solo.

Segnali di disintegrazione all’orizzonte

I primi segnali del processo di disintegrazione si stanno manifestando già in diversi Paesi dell’UE. In Gran Bretagna con la Brexit, arrivata ormai alle fasi finali del processo di separazione dall’UE anche se vi sono forti divisioni e grandi incertezze: tre giovani britannici su quattro sono favorevoli a restare nell’UE. Il termine originariamente fissato per l’uscita è stato superato e non è chiaro come finirà la vicenda e, fatto unico nella storia dell’UE, la Gran Bretagna parteciperà alle prossime elezioni europee essendo posticipata la data di uscita a dopo le elezioni del 26 maggio.

In Francia con la contestazione di Macron campione di europeismo agli occhi di molti europei ma non più così amato dai cittadini francesi, contestato duramente dai “gilet jaunes”, movimento di protesta nei confronti dell’attuale governo francese che parteciperà alle elezioni europee.

In Italia con la presa del potere dei giallo verdi nei quali prevale, con motivazioni disomogenee, la ripulsa di questa Europa, anche se solo la Lega, a fasi alterne, mira all’indipendenza dall’Europa e all’uscita dall’Euro.

I sovranisti non hanno tutti i torti su “questa Europa”, ma poi sbagliano tutto

Il fronte dei sovranisti si sta organizzando, non solo a livello europeo, e sta creando le basi per uno schieramento comune. Gli ”europeisti” stentano invece a costruire un’alleanza forte o lo fanno in modo poco convinto. Vi è soprattutto scarsa chiarezza sul tipo di cambiamento che si vuole realizzare per questa Europa che sta dimostrando la propria incapacità a fronteggiare efficacemente i gravi problemi di comune interesse: in primo luogo la questione degli immigrati, causa di forti preoccupazioni e disagi per quegli stati, come l’Italia, che sono sulla linea del fronte; a seguire, i problemi di natura economica e del lavoro inaspriti da una politica di austerità ritenuta eccessiva non più sopportabile dai Paesi in difficoltà economiche, austerità non sufficientemente controbilancia da incisive politiche a favore dello sviluppo e dell’occupazione; infine la politica estera comune pressoché insistente a causa dellla mancanza di coordinamento e di condivisione delle scelte di fondo per la soluzione delle maggiori crisi internazionali: questione venezuelana, crisi arabo israeliana, crisi libica ecc.

“Questa” Unione Europea va cambiata subito… ma come?

Se questo è il quadro della situazione viene spontaneo concludere, anche da parte di un europeista convinto, che questa Unione Europea non funziona più perché non dimostra né solidarietà né efficienza né visione del futuro, tutte cose che i cittadini europei si aspettavano e si aspettano per realizzare quel sogno europeo che è alla base della scelta di ”stare insieme” e che è sinonimo di “bene comune”.

L’attuale sistema di governance “intergovernativo” dell’UE può aver avuto un senso e una funzione positiva in passato ma oggi è arrivato inesorabilmente alla fine del suo ciclo di vita. Quindi va cambiato…e subito! Ma come? Nel dibattito politico in corso sia ai livelli nazionali che europeo, vengono proposte varie soluzioni migliorative dell’attuale situazione (esercito comune, ministro delle finanze europeo ecc.) che si dovrebbero però concretizzare attraverso il tradizionale metodo intergovernativo fondato sui trattati. Strumenti che non convincono più sia i cittadini – che li percepiscono come tardivi e inefficaci –  sia gli stessi governanti perché, oltre a comportare ulteriori perdite della loro sovranità, risultano spesso inconcludenti in quanto basati su negoziazioni condizionate dagli interessi nazionali, spesso non omogenei e talvolta contrapposti, all’insegna del “ciascuno per sé”.

Questo è il vero punto dolente: i federalisti “rassegnati o ignari”

Oggi purtroppo anche coloro che si definiscono federalisti, non vanno mai al di là di slogan generici a sostegno del federalismo, ripetuti ormai da decenni ma lasciati puntualmente cadere avallando alla fine soluzioni (pseudo-cambiamenti) che restano confinate nell’ambito del sistema intergovernativo, facendo riecheggiare la celebre frase di Tomasi di Lampedusa ne “il Gattopardo”: «Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi».

Questo ė ciò che è successo nella recente storia dell’UE (da Maastricht ad oggi) e che si sta riproponendo puntualmente anche nei programmi politici delle imminenti elezioni europee del 26 maggio.

Ciò che stupisce è l’atteggiamento di certi “europeisti” che sostengono con forza un’Europa Unita dimenticandosi di specificare quale Europa. Senza mai dire apertamente che l’unico cambiamento auspicabile, idoneo a risolvere i problemi già enunciati, è un’Europa federale fondata sulla costituzione, ratificata dal popolo europeo, ovvero: gli Stati Uniti d’Europa

Se non ora, quando?

Per decenni la politica ha tentato di realizzare l’Europa federale, ma senza successo ed i paesi europei non sono mai riusciti a compiere la trasformazione dell’attuale assetto confederale/ intergovernativo dell’UE a una vera Federazione europea – gli Stati Uniti d’Europa – mettendo con ciò a rischio la sopravvivenza della stessa Unione Europea.

Alcuni deboli tentativi di migliorare l’Unione sono stati fatti in passato con la Convenzione europea nel 2003 e con il Trattato di Lisbona del 2007.  Ma nessuno di questi è riuscito a superare la vera questione che rende tuttora impossibile la creazione di un’Europa federale: il sistema intergovernativo , definibile in breve come un accumulo di interessi nazionali in conflitto.

Questi tentativi sono falliti quando la fiducia nell’UE era molto più alta di oggi, momento nel quale invece si profila il rischio della Brexit e del dissolvimento dell’UE. L’unico modo per superare questa situazione di difficoltà e di rischio è innescare un significativo cambiamento, un “salto quantico”, avviando  un processo ”bottom up” che coinvolga tutti i movimenti e le organizzazioni federaliste e favorevoli a un’Europa efficiente, democratica e solidale.

Un’Europa federale fondata su di una costituzione, che faccia mettere in soffitta i trattati e il sistema intergovernativo e apra la strada alla realizzazione degli Stati Uniti d’Europa.

Questo è quello che propone FAEF (Federal Alliance of European Federalists) a tutti i movimenti e associazioni che vogliono realizzare, unendo le proprie forze, il nuovo progetto federalista al fine di informare e rendere edotti i cittadini europei sulla vera natura del federalismo e sui vantaggi di questo sistema di governo che già oggi interessa circa il 40% della popolazione mondiale.

FAEF si costituisce come una organizzazione federale i cui membri – associazioni, movimenti e partiti – manterranno la propria individualità e la indipendenza, impegnandosi però al raggiungimento di un unico obbiettivo comune: l’Europa federale fondata su una costituzione approvata dai cittadini europei.

I tempi attuali sono difficili ma densi di grandi possibilità e straordinari cambiamenti. Non restiamo vincolati alla paura di imboccare una nuova via per trasformare l’Unione Europa negli Stati Uniti d’Europa! Difficilmente si presenteranno un’altra occasione e tempi più favorevoli… occorre Iniziare subito senza rinvii, ponendoci, tutti insieme, questa cruciale domanda: se non ora, quando?

 

Lorenzo Sparviero – Editor

 

 

Questo articolo ha un commento

  1. Francesco Franco

    Intanto un’ obiezione lessicale. A chiamare sovranisti i nazionalisti gli facciamo solo un favore. coloro che cercano di creare una sovranità europea sono solo i federalisti, Non certo i vari movimentucoli più o meno conservatori ed anti immigrazione. E’ pure difficile riuscire a trovare un pugno di statisti pronti a creare un nocciolo federale (aperto all’adesione di chi ritiene che per ora non vi siano le condizioni per un’adesione immediata). I discorsi e le aperture in questo senso non sono state raccolti forse perché dopo la riunificazione tedesca è venuto meno l’interesse a promuovere, in cambio della riunificazione, l’Unione del continente. Infine continuamente riproposti molti luoghi comuni falsi hanno finito per essere percepite come delle verità. Qui di seguito riporto il pensiero mainstream molto ben espresso di un conservatore che si definisce “liberale euroscettico” “Sul fatto che l’UE si stia trasformando in un sistema centralista e burocratizzante è tra le cose incontrovertibili che si constano quotidianamente, e non parlo del fatto delle barriere in quanto credo che il mercato unico sia stata una vera rivoluzione, bensì della questione che si tende a regolamentare ogni settore della vita dei cittadini, in funzione limitativa e pericolosa sul piano della libera iniziativa economica, su cui si poggiano le basi del liberalismo moderno.
    Io mi reputo un liberale di tipo euroscettico, sono un convinto liberista ed ho un approccio libertario in ogni materia, poiché ritengo che non sia lo Stato a dover responsabilizzare l’individuo bensì l’agire consapevole consente di acquisire una propria coscienza di libertà ponendosi degli evidenti limiti nel non danneggiare gli altri. Lo Stato nazionale, così come l’UE, partono dalla prerogativa che debba essere un ente a dirigere, direzionare, alterare e smussare i comportamenti, ebbene non è così che si crea un sistema virtuoso, e perlomeno è meglio una forma statuale quanto più vicina a te anziché cercare di costruire un sistema istituzionale e politico che abbia una sede distante e quindi che pensi di regolamentare un territorio ampio su cui vive un numero imprecisato di cittadini. Da qui il mio favore a parlare di secessionismo intelligente, o comunque di forte autonomismo nella gestione delle finanze e di autoregolazione amministrativa poiché consente effettivamente ai cittadini di quel dato territorio la cosiddetta autogestione del proprio futuro.” Non andremo da nessuna parte se non riusciremo a rintuzzare i molto diffusi ragionamenti come questo che si traducono in voti per i partiti nazionalisti..

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