By Francesco Paolo Sgarlata |
A pochi giorni dalle elezioni europee nei dibattiti politici italiani la grande assente è proprio l’Europa.
Sarà perché le poltrone da spartire a Bruxelles sono poche rispetto a quelle del nostro parlamento, ma lo scarso interesse dei partiti locali verso questo tipo di elezioni è palpabile, come se si trattasse di una mera verifica delle rispettive forze e non di elezioni cruciali per il futuro dell’Unione.
Fino all’ultima tornata elettorale di questo tipo, lo scarso interesse dei partiti – e conseguentemente della gente – era causato dal fatto che l’appartenenza europea appariva scontata in quanto, a parte l’Ukip di Farage, non si vedevano significativi partiti sovranisti all’orizzonte.
Oltre a ciò, i gruppi politici all’interno dell’europarlamento avevano stabilito equilibri consolidati che non sarebbero stati alterati neppure da ribaltoni elettorali che avessero coinvolto partiti di singole nazioni.
Per questo i dibattiti politici per le votazioni europee, quantomeno in Italia, avvenivano in sordina, stancamente, come se si trattasse di elezioni poco importanti, distanti, con le quali non sarebbe cambiato nulla e per le quali spesso si candidavano personalità di second’ordine.
E la gente, scarsamente sensibilizzata, informata e coinvolta, di conseguenza disertava le urne.
Anche oggi, in Italia, le cose sembrano andare nel vecchio modo: a pochi giorni dalle votazioni i dibattiti politici sono pochi e quei pochi quasi interamente incentrati su tematiche nazionali.
Ecco perché gran parte di coloro che in Italia andranno a votare per il futuro dell’Europa, lo faranno sulla base della posizione dei partiti su questioni locali come la TAV, il ponte Morandi di Genova o lo scandalo della presunta corruzione del ministro italiano di turno.
Alla vecchia maniera, insomma.
Non ci accorgiamo invece che l’intero scenario politico europeo è profondamente cambiato, e che un voto che sembrerebbe di poco conto può invece farci tornare indietro di quarant’anni e compromettere il futuro nostro e almeno della prossima generazione.
Per cambiare in meglio l’Europa servono personalità lungimiranti, che possano dare un forte segnale e indicare la via agli elettori.
Purtroppo al momento non se ne vedono molte: ci barcameniamo in un mare in burrasca in cui molti di coloro che tengono il timone navigano a vista, e questo avrà ripercussioni inevitabilmente anche sul pensiero dei votanti, sull’afflusso alle urne e sull’esito delle elezioni.
Non ci sono più fedi politiche condivise e consolidate. Si vota in base alla emozioni e ai pensieri del momento, che domani possono cambiare completamente. Gli elettori insomma sono evanescenti come l’offerta politica che spesso viene loro proposta.
Ma è proprio nel mare in burrasca che il comandante, oltre a navigare a vista, deve anche saper guardare lontano e avere chiara la rotta che alla fine porterà la sua nave sana e salva in porto.
Alcide De Gasperi nel dopoguerra, che certamente è stato un periodo difficilissimo per l’Italia, diceva: “Un politico guarda alle prossime elezioni. Uno statista guarda alla prossima generazione.”
Aveva ragione. E sulla base di questo pensiero si sono create le condizioni per il boom economico degli anni sessanta.
Oggi siamo chiamati a fare la stessa cosa.
Noi cittadini abbiamo un unico strumento a disposizione per farlo: il voto.
E allora il 26 maggio andiamo tutti a votare. Per un’Europa più coesa e migliore.
Francesco Paolo Sgarlata – Editorial Director