Il governo italiano, una chimera a 3 teste

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By Mauro Casarotto |

Contrariamente a quello che può sembrare a prima vista, il funzionamento dell’esecutivo italiano presieduto da Giuseppe Conte e nato dopo le elezioni politiche del 4 Marzo 2018 non può essere spiegato semplicemente facendo ricorso alla dialettica tra le sue due componenti populiste: Movimento 5 Stelle e Lega e i rispettivi leader politici Luigi Di Maio e Matteo Salvini. entrambi nominati vicepremier del governo.

Non si può infatti capire il governo Conte se non si tiene presente che due ministri di grande peso, il Ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi e il Ministro dell’economia Giovanni Tria, non hanno politicamente nulla a che fare né con il Movimento 5 Stelle né con la Lega.

Enzo Moavero Milanesi, classe 1954, è stato Professore Incaricato di diritto dell’Unione Europea presso l’Università “La Sapienza” e la LUISS di Roma dal 1993 al 1996, poi giudice della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in Lussemburgo e collaboratore della Commissione Europea in qualità di Direttore Generale del Bureau of European Policy Advisors. Ha in seguito ricoperto il ruolo di Ministro degli Affari Europei prima nel Governo Monti (governo tecnico sostenuto da tutte le forze politiche, esclusa la Lega Nord e il Movimento 5 Stelle in quel momento non ancora presente in Parlamento) e successivamente nel Governo Letta (governo di centrosinistra allargato a Forza Italia di Berlusconi). Non esattamente il curriculum di un populista!

Giovanni Tria, classe 1948, è anche egli stato professore all’Università La Sapienza e a Tor Vergata Roma, consulente di vari ministeri, della Banca Mondiale e di altri organismi internazionali, collabora con la Fondazione Magna Charta, un think tank liberal-conservatore. Giovanni Tria è il volto ‘rassicurante’ del governo italiano, specialmente di fronte alle istituzioni internazionali e ai mercati, quando si parla di economia.

Questi due ministri sono elementi inseriti nel Governo italiano sotto l’impulso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, eletto con i voti della precedente maggioranza di centrosinistra, uscita poi sconfitta alle elezioni del 2018. Nella formazione dei governi, infatti, la Costituzione italiana attribuisce un importante potere di intervento al Presidente della Repubblica, in quanto è il Presidente della Repubblica ad indicare, consultate tutte le forze politiche, il nome della persona che avrà l’incarico di formare il governo e a nominare i ministri da quest’ultimo proposti.

Dopo le elezioni del Marzo 2018, essendo tutti i principali schieramenti politici – centrosinistra, centrodestra e Movimento 5 Stelle – non in grado di formare una maggioranza autonoma e quindi un governo, il Presidente della Repubblica ha esplorato varie strade, compresa la possibilità di un’alleanza tra il Movimento 5 Stelle e il centrosinistra. Proprio in quel momento, l’ipotesi di creare una maggioranza di governo tra la Lega – fuoriuscita a questo punto dal raggruppamento di Centrodestra – e il Movimento 5 Stelle, che era stata inizialmente scartata, tornava improvvisamente attuale. Mancava però il suggello del Presidente Mattarella che, nelle conversazioni riservate, ha evidentemente imposto anche il suo potere negoziale che è stato evidenziato con chiarezza con il veto alla nomina di Ministro all’Economia dell’ economista euroscettico Paolo Savona, sponsorizzato dalla Lega, che si dovette accontentare di un ministero di minor peso.

Risale a quel momento l’introduzione dei ministri indipendenti Moavero Milanesi e Tria, che si sono da subito palesati come ministri del Presidente della Repubblica il cui profilo istituzionale e moderato hanno stemperato la linea populista degli alleati Lega e Movimento 5 Stelle.

Ecco dunque perché è assai più realistico parlare di un governo che, come la mitica Chimera, ha non due bensì tre teste: quella del Movimento 5 Stelle, la Lega di Salvini e la testa moderata installata nel corpo della chimera dal Presidente Mattarella.

Va per ultimo analizzato anche il ruolo del premier Giuseppe Conte. Nome nuovo della politica italiana, avvocato e professore universitario di diritto, Giuseppe Conte, classe 1964, venne indicato, in qualità di esperto, pochi giorni prima delle elezioni del Marzo 2018 dal Movimento 5 Stelle come futuro ministro della pubblica amministrazione in caso di vittoria alle elezioni.

Il profilo di Conte si è tuttavia evoluto nel corso dei primi mesi di governo da elemento di puro compromesso finalizzato a tenere insieme un governo nato dall’alleanza di due forze politiche entrambe populiste ma con elettorati e sensibilità diverse e su alcuni temi antitetiche, a elemento di mediazione fra i due azionisti principali. Conte sta cercando, rispetto alle istituzioni sia nazionali che internazionali, di costruire la propria immagine come elemento di garanzia e di stabilità della politica italiana che appare da molte parti inaffidabile nella fase di governo a spinta populista Movimento 5 Stelle – Lega. Questo a evidente vantaggio anche del suo futuro politico, non essendo un uomo con un partito al seguito come invece Di Maio o Salvini.

Ecco perché anche il Premier Conte va ascritto, almeno in questa fase, a quel piccolo ma importantissimo drappello di ‘indipendenti’ che comprende i Ministri Tria e Moavero Milanesi e sul quale il Presidente Mattarella ha puntato per poter mantenere potabili i rapporti tra l’Italia e gli altri partners internazionali, in primis quelli europei. C’è quindi un importante ‘partito dei professori’ nel governo dei populisti.

 

Mauro Casarotto

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